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Intervento della ministra della Giustizia Paola Severino al convegno

Pubblicato il 07/03/2012 da Camera Europea di Giustizia


Lo pubblichiamo perchè ne condividiamo integralmente il contenuto sperando, però, che l'Avvocato (per noi prima che Ministro e Docente) attui quanto sostenuto con apposite, efficaci e chiare normative a tutela dell'indifeso cittadino.

"Signor Presidente della Repubblica
Sig. Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura
Autorità tutte
Signore e Signori

Desidero, anzitutto, rivolgere il mio deferente saluto al Sig. Presidente della Repubblica che con la sua presenza oggi testimonia, ancora una volta, la sua particolare vicinanza alla magistratura italiana e,più in generale, a tutti coloro che contribuiscono all'interpretazione ed alla applicazione della legge.

Ho aderito con entusiasmo all’invito rivoltomi dal Vice-Presidente Vietti a partecipare a questo convegno,che offre un importante contributo alle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia da un angolo visuale del tutto particolare e davvero interessante.

L'importanza dei risultati e del dibattito che ne seguirà sono garantiti dalla accurata e sapiente selezione dei temi da approfondire e dalla felice idea di affidarne la trattazione a relatori selezionati accuratamente nell'ambito della dottrina italiana. Una dottrina che continua ad essere considerata tutt'ora un faro di orientamento nella civiltà giuridica europea,come mi viene confermato anche dai primi incontri con i Ministri della Giustizia europei. Di ciò possiamo andare orgogliosi.

Anche per questo sono ben contenta di prendere parte ai lavori e nel porgere a tutti il mio saluto mi limiterò a formulare soltanto qualche breve considerazione  sul tema.

Le vicende della magistratura italiana in questi 150 anni della nostra storia, nella loro complessa stratificazione, ci dicono molto sul ruolo dei giudici nella evoluzione della nostra società.Un ruolo che si è concretizzato nell’evoluzione dei livelli di tutela dei diritti e degli interessi, con una modalità che può dirsi direttamente proporzionale al progressivo rafforzamento dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura.

Autonomia e indipendenza frutto di un percorso non facile e per lungo tempo non rettilineo, che ha raggiunto un pieno riconoscimento costituzionale soltanto in epoca repubblicana e che oggi rappresenta un principio basilare del nostro ordinamento ma anche un valore, una conquista, da custodire e difendere.

Non è stato facile giungere a questo traguardo partendo da un sistema che - influenzato dalla dottrina francese (che agognava un giudice il quale non interpretasse il diritto, ma fosse soltanto la “bocca della legge”) - aveva disegnato un modello di magistrato caratterizzato da un alto coefficiente di subalternità al potere esecutivo.

Una caratteristica, si badi, dello stato liberale che, nel ventennio fascista, venne facilmente irrigidita, con l’ulteriore vulnus all’unitarietà della giurisdizione provocato dall’istituzione di giudici speciali.

Occorre, dunque, riflettere e ricordare insieme che questi vincoli esterni all’autonomia ed all’indipendenza della magistratura rendevano più arduo l’esercizio del controllo di legalità rispetto ad ogni forma di abuso di potere.

Non meno rilevanti erano le conseguenze della spiccata gerarchizzazione, di un modello di progressione di carriera per i magistrati fortemente condizionato anche dai gradi superiori della giurisdizione.Un fatto, questo, che incideva non poco sull’attitudine dei giudici, soprattutto di merito, ad interpretazioni innovative rispetto ad orientamenti consolidati della Corte di Cassazione.

La progressiva rimozione di questi vincoli e l’adozione di un modello di c.d. “giurisdizione diffusa”, che distingue i magistrati soltanto per funzioni e non per gradi, pur non essendo privo di criticità nella sua estremizzazione, ha oggettivamente dato luogo ad un allargamento della platea dei diritti azionabili da parte dei cittadini.

Questa capacità di garantire la tutela dei diritti, guardando all’attuazione concreta dei valori costituzionali, rappresenta, a mio avviso, il più significativo contributo che la magistratura italiana ha offerto alla crescita della nostra democrazia.

Un contributo che va ben oltre il controllo di legalità svolto attraverso l’investigazione e l’esercizio dell’azione penale  e che richiama alla mente le molte conquiste ottenute attraverso, ad esempio,  la giurisprudenza in materia di sicurezza e di tutela del lavoro e la giurisdizione civile.

Attraverso l’opera coraggiosa e innovativa dei magistrati italiani si sono aperti molti spazi di tutela a diritti per lungo tempo negati, recependo spinte innovative fortemente avvertite in ambito sociale e stimolando il legislatore ad intervenire, colmando lacune normative evidenziatesi nel tempo. Se tale procedimento evolutivo avviene nel rispetto del fondamentale principio di divisione dei poteri, dà luogo ad un circolo virtuoso che è stato ed è di grande rilevanza nell'accrescimento del sistema giuridico inteso nel suo complesso.

Penso alle forme di tutela concreta del diritto alla salute e del diritto dei lavoratori all’equa retribuzione; penso anche alle grandi elaborazioni, tutt'ora in corso, sulla tematica del danno non patrimoniale alla persona,penso ai diritti riconosciuti ai conviventi more uxorio, penso al riconoscimento del danno da c.d. illecito del legislatore ed all’affermarsi di forme di tutela dall' abuso del diritto e del processo (e l’elenco sarebbe davvero troppo lungo per continuare).

Questi pochi esempi, alcuni dei quali oggetto di discussione e di necessario approfondimento, consentono di comprendere pienamente che se non si fossero create le condizioni necessarie per radicare i valori dell' autonomia ed indipendenza, a tali traguardi si sarebbe giunti con ben maggiori e, forse, insormontabili difficoltà.

La virtuosità di questi percorsi non può,d'altra parte, farci dimenticare la saldezza del potere giudiziario su cui si fonda oggi la nostra magistratura, le cui garanzie e prerogative hanno ormai raggiunto la massima estensione. Un potere che, però,  può pericolosamente trasformarsi in arbitrio, se non è sorretto da un altrettanto robusto senso di responsabilità e da una costante cura dell’eccellenza professionale del singolo magistrato. Non vi è dubbio infatti che indipendenza ed autonomia siano valori da rinsaldare quotidianamente,rafforzando la fiducia del cittadino nell'istituzione "giustizia" e rispondendo alle attese di obiettività,equilibrio,sobrietà ed imparzialità che promanano dalla società civile. Un siffatto potere, d'altra parte, può essere giustificato se - e soltanto se - il magistrato che lo detiene sia ed appaia al cittadino come persona autorevole e non autoritaria, responsabile, riservata, professionalmente preparata, consapevole di far parte di una struttura complessa e di svolgere un compito difficile come quello del giudicare,sapendo di essere egli stesso giudicato e giudicabile dalla collettività in primo luogo sotto il profilo morale.

Si deve inoltre trattare di una figura di magistrato che sappia utilizzare bene le risorse -purtroppo sempre limitate- di cui dispone, organizzandole al meglio delle proprie possibilità ed al servizio al cittadino Non basta, dunque, fermarsi ad un modello di magistratura professionale, reclutata attraverso un pubblico concorso che, necessariamente, deve essere particolarmente selettivo (come, peraltro, è sempre stato, per antica e nobile tradizione).Occorre, altresì, ed è questa la nuova frontiera verso la quale ci si sta spingendo,che la professionalità del magistrato sia costantemente curata ed aggiornata, che sia sottoposta a verifiche serie ed oggettive da parte del Consiglio Superiore della Magistratura; verifiche che guardino anche ai risultati ottenuti e si mantengano lontane da logiche corporative.

Occorre, infine e soprattutto,  che il singolo magistrato, sia esso giudicante o requirente,  coltivi quotidianamente la consapevolezza che l’autonomia e l’indipendenza di cui,dopo un lungo e faticoso cammino, oggi gode non rappresentano privilegi di casta, ma sono valori cui ispirare il proprio lavoro, strumenti da utilizzare con professionalità e cautela per rendere un servizio alla collettività.

Solo così chi è sottoposto al giudizio di un magistrato ne accetterà serenamente,come è doveroso, le decisioni.

Vi ringrazio

Paola Severino"

Fonte: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_6_9.wp?previsiousPage=mg_6_2_1&contentId=NOL736597

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  • Intervista Radio Vaticana 31/01/2009
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